La Camera,
premesso che:
l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, in una sua segnalazione del 24 novembre 2010, auspicava che il Governo, ponesse mano «ad un intervento legislativo finalizzato alla conservazione della norma che vieta gli incroci di proprietà tra il settore televisivo e quello editoriale». Questo, al fine di garantire il pluralismo nell’ambito della comunicazione e dell’informazione, ma anche per l’esigenza di evitare le concentrazioni;
la proroga meramente temporale del divieto – peraltro disposta fino al 31 marzo 2011 – si rende inefficace rispetto agli scopi prefissati, in quanto la transizione alla tecnologia digitale terrestre rende obsoleto l’originario riferimento al limite dell’esercizio di «più di una rete», nozione che si riferisce alle tecnologie analogiche e all’attribuzione di titoli concessori;
il decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225, andava nella direzione indicata dall’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni attraverso l’inserimento, in sede di conversione al Senato, all’articolo 2, comma 12-duodecies, di una disposizione che andava a prorogare, modificandolo per adattarlo all’attuale evoluzione tecnologica, il comma 12 dell’articolo 43 del decreto legislativo n. 177 del 2005, «Testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici»; il comma 12-duodecies del decreto-legge sopra citato, infatti, prorogava il termine ultimo del divieto di cui sopra dal 31 dicembre 2010 al 31 dicembre 2012 e faceva proprie le indicazioni dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni circa la necessità di adeguare la formulazione del divieto di incrocio «alla trasformazione del sistema radiotelevisivo intervenuta con l’evoluzione tecnologica digitale terrestre, satellitare e via cavo, nonché a quella del mercato di settore» nei termini indicati dalla citata segnalazione del novembre 2010 e ribaditi anche in quella ulteriore del 3 marzo 2011;
successivamente, la volontà del Governo di affrontare il delicato tema del pluralismo nel campo della comunicazione, in una logica condivisa, con particolare attenzione alla questione della concentrazione tra media audiovisivi e stampa, è testimoniata anche dall’accoglimento di un ordine del giorno presentato in Senato dall’opposizione (gruppo PD, primi firmatari senatori Vita e Legnini), il 26 febbraio 2011. In tale ordine del giorno si invitava il Governo ad adottare le opportune iniziative normative per prorogare il termine di cui all’originario comma 12 «contestualmente ridefinendo la formulazione del divieto, in modo da adeguarlo all’evoluzione tecnologica nel frattempo intervenuta e ai conseguenti nuovi assetti di mercato»;
l’iter parlamentare che ha portato alla soppressione del comma 12-duodecies, con il conseguente risultato di una proroga del divieto di concentrazione fino al 31 marzo 2011, non deve sviare dalla questione principale, rappresentata dalla necessità di disciplinare il settore in base ai principi sopra enunciati;
è importante, dunque, proprio per garantire il pluralismo, non solamente stabilire la proroga dei termini stabiliti dal comma 12 – elemento di per sé, in quest’ottica, non prioritario – ma utilizzare uno strumento normativo adeguato a definire tale proroga e che tenga realmente conto delle mutazioni dello scenario tecnologico di riferimento. Il tutto secondo un percorso all’insegna di un opportuno dibattito parlamentare su questa e su altre mozioni, che sgombri il campo dalla logica del sospetto;
alla luce di quanto sopra esposto e tenuto conto delle preoccupazioni non solamente delle forze politiche di opposizione ma anche dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato, il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri non sembra presentarsi come lo strumento più idoneo al conseguimento dell’obiettivo più ampio, in quanto con esso si potrebbe definire solamente una data, ma non si potrebbero inserire norme di regolamentazione che tengano conto dello sviluppo tecnologico nel settore;
il testo approvato al Senato invece, che potrebbe essere eventualmente rimodulato con un riferimento anche temporale a un dato ex ante oltremodo oggettivo, certo e determinato:
a) rispondeva alla segnalazione del 24 novembre 2010 dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, la quale ha indicato la necessità di una disposizione legislativa che conservi il divieto di incroci tra il settore televisivo e quello editoriale, adeguando l’originaria disposizione «alla trasformazione del sistema radiotelevisivo intervenuta dal 2004 a tutt’oggi, e, in particolare, all’evoluzione tecnologica digitale terrestre, satellitare e via cavo, nonché a quella di mercato del settore»;
b) era già in linea con quanto poi previsto dall’ordine del giorno successivamente approvato dal Senato il 26 febbraio 2011, nel quale si invita il Governo ad adottare le opportune iniziative normative per prorogare il termine di cui all’originario comma 12 almeno al 31 dicembre 2012 «contestualmente ridefinendo la formulazione del divieto, in modo da adeguarla all’evoluzione tecnologica nel frattempo intervenuta e ai conseguenti nuovi assetti di mercato»;
quanto allo specifico del sistema integrato delle comunicazioni previsto nel testo, il limite dell’8 per cento individuato come soglia di riferimento sembrava essere quello idoneo a ricomprendere i soggetti con significativo potere nei mercati di riferimento. Ai sensi della delibera 270/09/CONS dell’Autorità per le garanzie delle comunicazioni, contenente le risultanze del processo di valutazione del sistema integrato delle comunicazioni per l’anno 2007 pari a 24.437 milioni di euro (ultimo dato disponibile con gli importi ripartiti, poiché la più recente delibera 255/10/CONS sui mercati rilevanti determina solo la quota complessiva del sistema integrato delle comunicazioni per l’anno 2008 pari a 24,25 miliardi di euro ma i relativi valori ripartiti poco si discostano da quelli del 2007), le imprese che superano la soglia dell’8 per cento dei ricavi totali sono: il gruppo Fininvest con Mediaset, la Rai e Sky Italia;
era stata, altresì, individuata un’ulteriore soglia minima del 40 per cento dei ricavi del settore delle comunicazioni elettroniche, in virtù della quale veniva assoggettato al divieto anche il gruppo Telecom Italia;
la durata della proroga prevista dalla disposizione era allineata alla previsione dell’arco temporale di completamento della transizione al digitale terrestre, la cui conclusione è fissata entro l’anno 2012,
impegna il Governo:
ad adottare iniziative normative specifiche volte a modificare quanto stabilito al comma 12 dell’articolo 43 del decreto legislativo n. 177 del 2005, affinché i soggetti che esercitano l’attività televisiva in ambito nazionale su qualunque piattaforma non possano, prima del 31 dicembre 2012, acquisire partecipazioni in imprese editrici di giornali quotidiani o partecipare alla costituzione di nuove imprese editrici di giornali quotidiani, con l’eccezione delle imprese editrici di giornali quotidiani diffusi unicamente in modalità elettronica;
a considerare come riferimento un dato ex ante certo e determinato, per individuare i soggetti destinatari della normativa;
ad assumere iniziative volte ad applicare tale divieto anche alle imprese controllate, controllanti o collegate ai sensi dell’articolo 2359 del codice civile.
(1-00593) «Landolfi, Sardelli, Valducci, Baldelli, Biasotti, Bergamini, Cesaro, Colucci, Antonino Foti, Garofalo, Grimaldi, Iapicca, Nizzi, Piso, Simeoni, Terranova, Testoni, Verdini».