In merito rispondo soprattutto ai deputati Dieni e Baldelli. Come dicevo prima, noi non abbiamo in media troppi lavoratori nella pubblica amministrazione. Spesso, però, non sono ben distribuiti. Mi sono resa conto che, malgrado ci siano state anche negli anni svariate norme sulla mobilità, neanche la mobilità volontaria riesce a funzionare. (….) Io penso che la mobilità obbligatoria, con determinati requisiti di garanzia per il lavoratore, proprio nell’ottica di fornire alle amministrazioni le persone giuste per il tempo giusto, debba essere valorizzata e attuata. Da questo punto di vista rispondo all’onorevole Baldelli: penso che le tabelle di equiparazione in attuazione del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, la cosiddetta legge Brunetta debbano essere attuate. Mi riferisco a quelle tabelle che determinano l’equiparazione nel passaggio da un’amministrazione all’altra dell’inquadramento e, quindi, della qualifica e della retribuzione del lavoratore. Penso non solo che vada attuata quella norma ancora non attuata, che è l’articolo 29-bis del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, introdotto dal citato decreto legislativo n. 150 del 2009 ma anche che si debba andare oltre: con una forte regia politica, sempre del Ministero della funzione pubblica e strettamente collegata alla regia politica cui accennavo prima sulle entrate e uscite, si deve cercare di consentire una mobilità che rispetti le tabelle di equiparazione, ma che possa essere intercompartimentale anche tra livelli di governo diversi. Questo con una regia che faccia in modo che tale mobilità venga attuata e, cioè, che i lavoratori si spostino poi effettivamente e concretamente da un’amministrazione all’altra. Ripeto, questa non è una mobilità punitiva – noi staremo attenti a garantire, anche attraverso le tabelle di equiparazione, i diritti di questi lavoratori – ma è una mobilità che deve funzionare e che deve attuarsi: il lavoratore deve riuscire a spostarsi.
Il ragionamento che sto facendo lo sto conducendo anche con gli enti locali, proprio perché la mobilità non deve essere solo intercompartimentale, ma anche tra diversi livelli di governo. C’è già stato un incontro con Vasco Errani, quindi con le Regioni, e anche con l’ANCI. Il 29 maggio ci sarà un incontro politico, frutto di diversi incontri tecnici che stiamo avendo in queste settimane, di cui uno anche oggi, nel quale capiremo come definire queste tabelle di equiparazione anche tra livelli centrali ed enti locali, in modo che poi non ci siano problemi per casi come quelli degli uffici giudiziari e dei dipendenti che si vogliono muovere dalla Provincia.
Il terzo filone di domande riguardava la dirigenza. In merito hanno posto domande soprattutto i deputati Baldelli, Gitti e Tinagli. L’idea sulla dirigenza che noi porteremo avanti per le amministrazioni centrali, ma che è oggetto della stessa interlocuzione con gli enti locali, così come vi dicevo con riferimento alla mobilità, è quella di creare un ruolo unico e degli incarichi che prefigurino anche un sali-scendi, sia di responsabilità, sia retribuzioni. Si può avere un incarico da capo dipartimento e avere una retribuzione più alta, perché si ha una responsabilità più alta. Alla fine di quell’incarico il dirigente torna nel ruolo unico e può darsi che il suo incarico successivo sia di minore responsabilità e, quindi, meno retribuito. L’idea è che non ci sia una progressione interna di carriera fatta per scatti automatici, ma che ci siano successivi incarichi, anche con un sali-scendi.
(….) Alla fine di un incarico il dirigente rimane nel ruolo unico senza un successivo incarico. A quel punto riceve la parte fissa di retribuzione, ma nessuno gli impedisce, se rimane privo di incarico, di andare a fare un’esperienza nel privato, ed anche – aggiungo – se andrà a buon fine l’interlocuzione con gli enti locali e se anch’essi apriranno un ruolo unico, negli enti locali.
Quella che noi vogliamo raggiungere è un’osmosi pubblico-privato, un’osmosi tra amministrazioni centrali ed enti locali, con l’idea che, se il dirigente rimane nel ruolo unico, continua a non ricevere incarichi e non è orientato a fare esperienze fuori dalle amministrazioni, in questo caso, dopo un dato tempo, che sia congruo – lo sottolineo perché ci sono state critiche da questo punto di vista – a garantire il dirigente di non essere vittima di un eventuale spoils system, il soggetto esce dal ruolo unico e, quindi, perde la facoltà di stare nel ruolo unico. Su questo tema entra in modo preponderante quello della valutazione. Certamente la valutazione va attuata. Anche in questo caso non è stata attuata dalla legge Brunetta. La dobbiamo semplificare e attuare e far sì che i Ministri fissino obiettivi effettivamente misurabili. Io penso, però, che sia importante aggiungere che con questo schema di ristrutturazione della dirigenza la valutazione entra nella carriera stessa del dirigente. È evidente che, prima di conferire un incarico, chi dovrà assegnare quell’incarico andrà a verificare come quel dirigente sia stato valutato negli anni precedenti. Pertanto, il sali-scendi che citavo prima probabilmente sarà fortemente generato dalla valutazione che c’è stata su quella persona negli anni precedenti.