MOZIONE DANNI ONDATA DI MALTEMPO NELLE MARCHE A MARZO 2011 (APPROVATA IL 27/07/2011)

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camera dei deputati 1

La Camera,
premesso che:
il Consiglio dei ministri ha deliberato il 10 marzo 2011 lo stato di emergenza per i territori della regione Marche colpiti dall’alluvione eccezionale dei primi giorni del mese di marzo 2011;
il disastroso evento ha colpito l’intera regione e parte dell’Abruzzo provocando tre vittime;
nelle Marche si sono registrate 52 zone allagate, 73 strade interrotte, famiglie evacuate, aziende allagate con blocco di attività e coste distrutte dalle mareggiate;
i danni stimati sono di circa 493 milioni di euro, oltre ai danni al settore agricolo di importo quasi corrispondente;
due giorni prima della calamità era entrata in vigore la legge di conversione del decreto-legge n. 225 del 2010, cosiddetto milleproroghe (legge 26 febbraio 2011, n. 10);
la legge aveva introdotto, all’articolo 2, i commi dal 2-quater al 2-octies, che prevedono la modifica della legge 24 febbraio 1992, n. 225, che disciplina il servizio nazionale di protezione civile;
le nuove norme prevedono che, in caso di calamità, sia sempre il Consiglio dei ministri a decretare lo stato di emergenza, ma che gli oneri per gli interventi siano in primo luogo a carico della regione;
tutto è stato descritto e confermato dalla direttiva della Presidenza del Consiglio dei ministri subito emanata secondo la seguente procedura:
a) la regione procede ad una ricognizione delle risorse disponibili nel proprio bilancio da destinare alla ricostruzione ed agli indennizzi;
b) se queste non sono sufficienti, delibera aumenti di tributi, addizionali, tasse sino al limite massimo (irpef, irap e altro);
c) se ancora le risorse non sono sufficienti, aumenta l’accisa sui carburanti sino a cinque centesimi al litro ulteriori rispetto alle precedenti eventuali decisioni;
solo dopo aver aumentato tutto questo può chiedere, se le risorse non fossero sufficienti, l’utilizzo del fondo di protezione civile;
se le risorse del fondo non sono sufficienti, si attiva il fondo per le spese impreviste ed a questo punto, automaticamente, senza ulteriori decisioni, in quanto è previsto dalla nuova normativa, il direttore dell’Agenzia delle dogane deve disporre l’aumento dell’accisa sui carburanti corrispondente all’utilizzo del fondo per reintegrarlo;
praticamente dal 26 febbraio 2011 tutte le calamità che prevedono la dichiarazione dello stato di emergenza sono finanziate dalle regioni stesse con l’aumento massimo dell’imposizione fiscale di loro spettanza e per le quote residue dello Stato con aumento automatico delle accise sul carburante per autotrazione;
l’imposizione fiscale di una singola regione, già oggetto di una situazione emergenziale, portata al massimo incide sulla competitività delle imprese della regione medesima con rischi di tenuta e stimoli di trasferimento di azienda in altra regione;
non vi è corrispondenza fra la capacità di una singola regione e l’ammontare delle calamità. Le Marche con 1,5 milioni di abitanti, anche se utilizzassero tutte le potenzialità fiscali previste, arriverebbero a coprire 20-25 milioni di euro contro 493 milioni di danni, ma le proprie imprese sarebbero in ginocchio;
le calamità nazionali caricate sulle accise della benzina inciderebbero sulla competitività del Paese e sul potere di acquisto delle famiglie;
uno schema del genere non potrebbe reggere di fronte a disastri di grosse proporzioni, come furono quelli del Friuli, dell’Irpinia, di Marche ed Umbria, nonché dell’Abruzzo;
comuni e province avrebbero in molti casi disponibilità di fondi per attuare alcuni interventi urgentissimi, ma non possono spenderli per i vincoli del patto di stabilità interno;
desta forti perplessità il nuovo regime normativo che sottopone le popolazioni, si ribadisce già colpite da un evento calamitoso che lo stesso Consiglio dei ministri ha riconosciuto di tipo c), che significa non affrontabile dalla regione con strumenti ordinari, ad ulteriori disagi aggiuntivi costituiti dall’aumento dei tributi. Tale disposizione, infatti, appare in netta «controtendenza» con le normative emergenziali precedenti e con l’articolo 119 della Costituzione, che prevede il vincolo di solidarietà tra le regioni. In passato, il legislatore nell’affrontare tali situazioni prevedeva addirittura la sospensione dei medesimi tributi;
a tutt’oggi, non è stata emanata l’ordinanza di protezione civile, pur essendo stato dichiarato uno stato di emergenza a seguito di evento calamitoso di tipo c);
l’ordinanza non è stata emessa, in quanto la regione Marche non ha potuto oggettivamente ottemperare a quanto previsto dalle nuove norme, avendo presentato ricorso davanti alla Corte costituzionale;
l’enorme lasso di tempo trascorso, la drammaticità delle condizioni in cui persistono i cittadini e le attività produttive di un distretto, come quello calzaturiero, già colpito dalla difficile congiuntura economica, la necessità di dimostrare una viva e convinta solidarietà nei confronti di coloro che sono stati colpiti, come avvenuto nel recente passato per altre parti del territorio nazionale, richiedono che lo Stato e la regione Marche si assumano le rispettive responsabilità ed intervengano con urgenza;
dopo cinque mesi dagli eventi non è stato adottato alcun intervento finanziario;
comuni e province che hanno dovuto far fronte all’emergenza non sono in grado di pagare le ditte chiamate ad
eseguire gli interventi di somma urgenza e, se lo facessero, non rispetterebbero il patto di stabilità, con negativi effetti sulla vita degli enti;
aziende, famiglie, cittadini danneggiati non hanno ricevuto alcun indennizzo con forti danni al tessuto sociale e produttivo dovuti all’incertezza sul futuro;
risultano ancora strade chiuse, frane non rimosse, situazioni di pericolo incombente non affrontate;
la mancata emanazione dell’ordinanza di protezione civile impedisce alle imprese ed ai privati cittadini danneggiati di avanzare richiesta di risarcimento dei danni subiti, facendoli rimanere in una situazione di profonda incertezza;
è estremamente urgente, dopo cinque mesi di attuazione, rivedere le norme del decreto-legge n. 225 del 2010, come convertito, che hanno modificato la legge 24 febbraio 1992, n. 225, in quanto hanno di fatto determinato la paralisi del servizio di protezione civile, con blocco delle ordinanze anche rispetto agli altri stati di emergenza successivi, riferiti, oltre che alle regioni Marche e Abruzzo, alla regione Basilicata e la fattispecie si ripeterà per i recenti eventi alluvionali avvenuti nel Nord Italia e per quelli che presumibilmente avverranno;
il Presidente dei Consiglio dei ministri ha dichiarato uno stato di emergenza di tipo c), riconoscendo, quindi, che la calamità di cui trattasi non è affrontabile dalla regione con strumenti ordinari e non può esimersi dall’emettere la prevista ordinanza di protezione civile,
impegna il Governo:
nelle more della definizione del contenzioso aperto dalle regioni innanzi la Corte costituzionale, ad emettere le previste ordinanze di protezione civile per gli stati d’emergenza deliberati successivamente all’approvazione della legge n. 10 del 2011, per far fronte agli indennizzi alle persone fisiche ed alle imprese colpite ed agli oneri di somma urgenza sostenuti dagli enti interessati e per effettuare gli interventi più urgenti limitatamente alle necessità inderogabili e alle risorse disponibili;
a promuovere la revisione della legge 24 febbraio 1992, n. 225, per meglio definire il rapporto Stato-regioni;
a prevedere, anche mediante apposite iniziative normative, nei casi di dichiarazione dello stato di emergenza successivi alla legge n. 10 del 2011, la facoltà del Ministro dell’economia e delle finanze, previa verifica della disponibilità di cassa e delle capacità finanziarie degli enti territoriali, di autorizzare, con proprio decreto, le regioni interessate a derogare al patto di stabilità interno per un ammontare definito, ripartito fra regioni e singoli comuni o province, da destinare esclusivamente alla realizzazione di interventi di ripristino, manutenzione e prevenzione conseguenti allo stato di calamità.
(1-00693)
(Nuova formulazione) «Vannucci, Baldelli, Ciccanti, Favia, Paolini, Della Vedova, Tabacci, Abrignani, Agostini, Cavallaro, Ceroni, Ciccioli, De Torre, Ginoble, Giovanelli, Margiotta, Merloni, Pistelli, Cesa, Franceschini, Di Pietro, Galletti, Adornato, Binetti, Bosi, Capitanio Santolini, Enzo Carra, Compagnon, De Poli, Delfino, Dionisi, Anna Teresa Formisano, Libè, Lusetti, Mantini, Marcazzan, Mereu, Mondello, Naro, Occhiuto, Pezzotta, Poli, Rao, Ria, Ruggeri, Scanderebech, Nunzio Francesco Testa, Lanzillotta».

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