di Francesco Bonazzi
Purtroppo a Genova con le tute azzurre non potevamo andarci: mica si può protestare contro chi protesta…e poi adesso siamo al governo. Però il monopolio della rappresentanza giovanile non ce l’hanno certo quelli che si divertono a sfasciar vetrine in giro per il mondo.
Chi parla è Simone Baldelli, un ragazzone romano di 28 anni che in una piazza calda saprebbe sicuramente come farsi rispettare. Se non fosse che ha almeno due controindicazioni gravi. È il coordinatore di Forza Italia Giovani e se il ministro dell’Interno Claudio Scajola lo becca a una manifestazione men che pacifica, lo manganella personalmente. E poi il Baldelli è un ex giovanissimo socialista, passato ai riformatori iperpacifisti di Marco Taradash (del quale è stato segretario particolare) e grande fan del logorroico d’assalto Elio Vito («Può parlare per ore a braccio di qualsiasi argomento», dice di lui con ammirazione). Insomma, lui le manone le agita solo per parlare. E di cose da dire ne ha, come l’avessero costretto al silenzio fin dalla culla. Il documento politico, come si diceva una volta, Simone l’ha imbucato da qualche giorno sul sito dei giovani forzisti (www.forzaitaliagiovani.it).
S’intitola “Viva il G8 e le Tute azzurre!” e vi si spiega chi sono questi ragazzi. «Sono una voce libera, non provocatoria e non violenta, ma orgogliosamente stonata rispetto al gran coro dell’anti-globalizzazione: la voce di coloro che non hanno né il tempo, né la voglia, né l’abitudine di andare in giro a spaccar vetrine per far conoscere la propria idea», si legge nelle prime righe. E poi via con un cantico della globalizzazione, descritta come «spinta virtuosa alla cultura, al mercato e alla solidarietà». In questa chiave, i governanti del G8 vanno sostenuti nella loro opera di guida politica verso un futuro che garantisca pace, benessere e tutela dei più deboli in tutto il mondo. E il McDonald’s non è più un marchio nemico dell’umanità, «ma un luogo capace di sfamare a basso costo centinaia di milioni di uomini e donne, creando posti di lavoro nei paesi dove è presente». Se gli chiedi di parlarti delle Tute azzurre, Baldelli attraversa Roma in bermuda e sandali («In braghette ci vado pure al partito, quando mi gira») e accetta di farsi fotografare in tutona al Mac sulla Prenestina,vicino a casa, con un caldo africano. Perché lui è costretto a essere ben visibile: guida gli 80 mila ragazzi che hanno aderito a Forza Italia, ma con la Tuta azzurra è convinto di rappresentarne cento volte di più. «Sono sicuro che il 99 per cento dei giovani non la pensa affatto come quelli che hanno sfilato a Genova», ci spiega Simone, che fa del buon senso la sua bandiera. La vecchia storia della maggioranza silenziosa? «Manco per idea: questa è gente che si fa ascoltare con il voto e come vota s’è appena visto e si vedrà ancora», ribatte lesto. Per la vera Tuta azzurra, «opporsi alla mondializzazione è come lottare contro la pioggia»: non ha alcun senso. «Più utile battersi per l’eliminazione delle code ai caselli autostradali», provoca Baldelli, che da consigliere regionale nel Lazio di Francesco Staorace deve fare la sua bella figuretta. Poi si fa serio come Scajola gli ha insegnato («Un grande organizzatore del partito, ma per i giovani dobbiamo inventarci qualcosa di diverso») e tira giù un’agendina semplice semplice di priorità, stilata con il metodo dello Zio Silvio. «Berlusconi ci ha insegnato che la buona politica è offrire le risposte alle domande della gente», spiega Simone. E per i coetanei l’elenco è questo: scuole e università finalizzate all’inserimento nel mondo del lavoro; mercato del lavoro meno rigido; accesso più democratico alle libere professioni; non pagare oggi contributi esosi per pensioni che non arriveranno mai. Se vogliamo semplificare ancora, ci soccorre sempre lui, il leader delle Tute azzurre: «Il primo problema dei ragazzi italiani è come fare a meno della paghetta di mamma e papà, ma se hai una bella idea imprenditoriale la banca ti chiede un immobile in garanzia per darti un prestito». Su questi temi terra terra, Baldelli sta pensando di organizzare presto un convegno che sancisca l’uscita allo scoperto delle Tute azzurre. E promette di stupire: «Sbaglia chi crede che siamo una banda di giovani fighetti sfaccendati, tutti macchina e cravattone… Siamo ragazzi con la testa sulle spalle e niente soldi per andare a Seattle a far casino». Del resto lui è figlio di un geometra del Catasto e sua mamma è una pensionata da 670 mila lire al mese che lo martella quasi ogni giorno con quella storia del milione al mese. «Se Silvio non mantiene la promessa fatta in campagna elettorale sono finito», ammette con un certo candore Simone il furbo. Che la tuta la usa solo per far politica.