07/03/2012 – QUESTION TIME ALLA CAMERA DEI DEPUTATI

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INTERROGAZIONE A RISPOSTA IMMEDIATA IN ASSEMBLEA

CECCACCI RUBINO, BALDELLI, CAZZOLA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

  • la sentenza della Corte di cassazione n. 12355 del 20 maggio 2010 ha escluso il personale artistico, teatrale e cinematografico dall’assicurazione obbligatoria contro la disoccupazione involontaria, poiché prevista al punto 5) dell’articolo 40 del vecchio regio decreto-legge n. 1827 del 1935;
  • questa esclusione aveva maturato una sua ratio nel 1935, dato che, 77 anni fa, l’organizzazione della produzione dello spettacolo non era ancora di tipo industriale e si dava per scontato la non inquadrabilità di tali figure in quelle dei lavoratori subordinati che il regio decreto-legge n. 1827 del 1935, istitutivo dell’Inps, intendeva tutelare;
  • negli anni l’evoluzione della realtà produttiva del settore dello spettacolo e dell’intrattenimento è stata tale da dare impulso ad una trasformazione delle dinamiche di lavoro, con l’assunzione di forme di inquadramento giuridico sempre più corrispondenti alle reali esigenze delle imprese dello spettacolo, tali da contemplare forme contrattuali anche di tipo subordinato. Questo, però, ha generato lo storico contenzioso tra i lavoratori artistici, teatrali e cinematografici e l’Inps, in merito alla legittimità dell’assicurazione obbligatoria contro la disoccupazione involontaria;
  • tali contenziosi sono stati risolti con la suddetta sentenza della Corte di cassazione, adeguandosi alla quale l’Inps, diramando la circolare n. 105 del 5 agosto 2011, ha escluso definitivamente il personale artistico, teatrale e cinematografico dall’indennità di disoccupazione, sia ordinaria che a requisiti ridotti, ed ha esonerato le imprese dello spettacolo dall’assicurare tali lavoratori;
  • questo esito, come era prevedibile, ha messo in forte agitazione l’intero mondo dello spettacolo, anche delle sue categorie imprenditoriali, perché di fatto si è venuto a creare un grave vulnus giuridico lesivo di diritti costituzionali, quali quelli di uguaglianza e ragionevolezza della norma (articolo 3 della Costituzione) e di tutela e assicurazione sociale (articolo 38 della Costituzione), poiché il discrimine, per l’accesso a questo diritto, l’indennità di disoccupazione, non è più, come dovrebbe essere, la natura giuridica del rapporto di lavoro, bensì l’attività professionale svolta. Viene, quindi, di fatto, discriminato un intero settore produttivo, tra l’altro non trascurabile, del nostro Paese;
  • secondo dati dell’Enpals, infatti, sono oltre 250.000 i lavoratori che risultano versare in modo discontinuo contributi previdenziali, utilizzando una molteplicità di tipologie contrattuali, il più delle volte di breve durata. Ciò che accomuna questi lavoratori è la natura strutturalmente atipica e intermittente della loro professione, caratterizzata da una molteplicità di impieghi e di datori di lavoro, dall’esercizio di differenti e poliedriche attività e da compensi, per la stragrande maggioranza dei casi, di scarsa regolarità ed aleatori. Il quadro che emerge dalle stime ufficiali è devastante. In un settore dove l’ingresso nel mondo del lavoro si attesta su una media di 24 anni e il livello di scolarizzazione è quello dell’alta formazione artistica ed universitaria, dopo 10 anni di professione la retribuzione media si attesta su appena 7.000 euro netti all’anno, mentre su 120 giornate lavorative, necessarie a maturare l’anno contributivo, la media risulta essere di 36 giornate contributive, quindi molto al di sotto del minimo necessario per ottenere una pensione. In base ai dati dell’Enpals, più del 75 per cento degli assicurati del settore spettacolo risulta al di sotto dei parametri di sussistenza e ben lontani dal maturare il diritto previdenziale, mentre inesistenti sono le assicurazioni sociali;
  • questo drammatico quadro non riguarda, come erroneamente si crede, il mondo dilettantistico e giovanile, o comunque tutto quel mondo ai margini o con velleità di ingresso nel mondo dello spettacolo, ma quello più importante dei professionisti, giovani e non, che fanno produzione d’alto livello, di notevole sperimentazione creativa e che utilizza e padroneggia le più moderne e innovative tecnologie. Un mondo di professionisti, molti dei quali noti tanto a livello nazionale che internazionale, che rappresentano un orgoglio per l’immagine che danno all’estero del nostro Paese, di terra della cultura e della creatività;
  • questi lavoratori dello spettacolo, pur pagando, ai fini dell’assicurazione generale obbligatoria, un’aliquota contributiva tra le più alte, equiparata a quelle dei lavoratori dipendenti, non godono, viceversa, delle indennità sociali e assistenziali previste per tali lavoratori ed inoltre sono ingiustamente sfavoriti dal meccanismo di calcolo del montante pensionistico, per il persistere della mancata equiparazione tra massimale retributivo imponibile e massimale retributivo pensionabile, benché due disposizioni di legge (il comma 6 dell’articolo 21 della legge 11 marzo 1988, n. 67, e, per interpretazione autentica, l’articolo 5 del decreto-legge 18 gennaio 1993, n. 11, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 marzo 1993, n. 70) ne prescrivessero da tempo l’adeguamento;
  • il Parlamento europeo, il 7 luglio 2007, ha approvato lo statuto sociale europeo dell’artista, invitando gli Stati dell’Unione europea a sviluppare e applicare un quadro giuridico e istituzionale finalizzato al sostegno della creazione artistica, mediante l’adozione e l’attuazione di una serie di misure riguardanti la situazione contrattuale, la sicurezza sociale, l’assicurazione malattia, la tassazione diretta e indiretta e la conformità alle norme europee, di questi lavoratori;
  • è in corso un confronto tra il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e le parti sociali al fine di addivenire in tempi brevi ad un’indifferibile riforma del mercato del lavoro –:
  • quali iniziative il Ministro interrogato intenda promuovere per intervenire con urgenza sull’annosa questione dell’indennità di disoccupazione, assumendo iniziative per l’abrogazione della vetusta norma del regio decreto-legge n. 1821 del 1935, che, di fatto, esclude questi lavoratori dall’assicurarsi questo diritto, e per avviare un confronto con le parti sociali per addivenire ad una riforma del mercato del lavoro, della previdenza e degli ammortizzatori sociali anche per i lavoratori dello spettacolo.

(3-02147)

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